Al disgusto in questo Paese non c’è mai fine.
La “Savina Caylyn” è una petroliera italiana da 105.000 tonnellate, lunga 266 metri e larga 46 metri.
Questa nave è stata catturata il giorno 8 febbraio 2011 da pirati somali mentre si trovava in navigazione in pieno Oceano Indiano, a circa 800 miglia dalla costa della Somalia. I pirati che hanno effettuato la cattura erano in cinque su un barchino, partito da qualche nave appoggio nelle vicinanze.
Il 9 e 10 febbraio la nave è stata localizzata da un satellite dell’Agenzia Spaziale Italiana, come si può leggere sul loro sito
11 Feb 2011
C’è qualche speranza in più per la sorte dell’equipaggio della Savina Caylyn, la petroliera italiana attaccata dai pirati al largo della Somalia intorno alle 5,30 del mattino dello scorso 8 febbraio. Anche gli occhi di COSMO-SkyMed, il sistema satellitare di Osservazione radar della terra sviluppato dall’Agenzia Spaziale Italiana, stanno infatti monitorando la situazione. Le immagini acquisite dal team Emergency di e-GEOS (la società partecipata ASI-Telespazio incaricata di gestire i dati e i prodotti del sistema) hanno così permesso di localizzare con assoluta precisione la posizione della nave nell’Oceano Indiano, confermando la posizione già calcolata dalle Autorità competenti che stanno gestendo le operazioni di soccorso.
La prima immagine COSMO-SkyMed è stata acquisita il 9 febbraio alle 14:44 ora italiana (qui a destra indicata col punto A). Una seconda acquisizione è stata effettuata il 10 febbraio alle 03:17 (punto B). Dai rilevamenti satellitari si nota che la petroliera si è spostata di 182 miglia nautiche, a una velocità di circa 14 nodi, verso la costa della Somalia. Le immagini satellitari coprono una estensione di 10.000 kmq, consentendo quindi di avere una visione d’insieme di ciò che accade intorno alla nave.
Le attività di sorveglianza marittima da satellite sono svolte nell'ambito della Service Network MARISS (Maritime Surveillance Services for Security): una attività finanziata dall’Agenzia Spaziale Europea e guidata a livello europeo da e-GEOS. A bordo di Savina Caylyn, ricordiamo, si trovano i 23 membri dell’equipaggio (5 italiani e 17 indiani) che, secondo le informazioni diffuse dalla Farnesina, sarebbero tutti in buone condizioni.
Inutile dire che la petroliera catturata ha poi raggiunto in tutta tranquillità la costa somala, dove si trova tuttora con l’equipaggio ormai allo stremo.
I pirati lasciano i membri dell’equipaggio liberi di comunicare con l’Italia e di seguito c’è un recente fax inviato dal Comandante della nave a LiberoReporter.
La situazione è che sono dimenticati!
I nostri giornali non parlano altro che di elezioni amministrative, delitti più o meno insoluti, di gossip…. di tutto insomma meno che dell’equipaggio della Savina Caylyn. Trattative per il pagamento di un riscatto pare siano in corso…..
“Pagamento di un riscatto”… ricorda niente questa parola?
Ricorda almeno la vicenda della Sgrena e quella delle “Due Simone”, di questi due casi si è parlato continuamente e alla fine si è messo mano al portafoglio. Probabilmente esistono sequestrati di serie A e di serie B, forse anche di serie C, visto che nessuno parla anche dei 17 indiani dell’equipaggio!
Inutile anche sottolineare che mentre i due ostaggi di serie A le grane sono andati a cercarsele, l’equipaggio della nave faceva solo il suo lavoro!
Adesso facciamo un semplice calcolo matematico. Il sito dell’AGI ci dice che la nave navigava a 14 nodi (cioè una velocità di 14 miglia all’ora) verso la Somalia. Ammesso anche che si trovasse a circa 700-600 miglia dalla costa, avrebbe impiegato circa due giorni per percorrere tale distanza.
Due giorni durante i quali si poteva organizzare un’azione a partire dalla Fregata Zeffiro che si trovava in zona.
A bordo della petroliera c’erano solo cinque pirati che dovevano sorvegliare 22 persone, seguire la navigazione, controllare il personale di macchina… e dovevano pur riposare anche loro. Quindi al massimo potevano esserci tre pirati attivi in circolazione.
Abbiamo i mezzi, abbiamo il personale addestrato…
…..purtroppo ci manca la volontà e la rapidità di decisione.
Risultato abbiamo perso un’occasione. Ci possiamo solo giustificare con il fatto che siamo Italiani…. mica Inglesi o Israeliani!
Che vergogna!
E maggiormente dovrebbero vergognarsi i nostri giornalisti, ai quali spetterebbe il compito di mantenere viva l’attenzione su certi fatti.
Ma come al solito… si tratta di giornalisti Italiani, mica Americani!!
Cosa pretendiamo da loro!
Abbiamo la legislatura in materia di pirateria (http://www.ratioiuris.it/news.interna.php?notizia=99), abbiamo i mezzi, quand’è che avremo anche la volontà?
La pirateria non è più un fatto isolato, ormai è endemica. Sarebbe ora di prendere provvedimenti adeguati. Istruzioni per i Comandanti ed equipaggi che devono navigare in acque pericolose (manovre evasive, difesa passiva e attiva, portelleria comunicante con l'esterno bloccabile dall'interno, cosa fare in caso di cattura, come comunicare la propria posizione e situazione, come rallentare la nave con avarie simulate o provocate, comportamento in caso di irruzione di forze amiche, ecc..), presenza di personale armato e di adeguati mezzi di difesa (almeno due mitragliere da 20 mm.) e collegamenti con le navi militari presenti in zona.
Il personale armato a bordo può essere personale militare oppure civile (o anche mebri dell'equipaggio con un adeguato addestramento) e le armi possono essere tenute sotto custodia dal Comandante fino al momento del loro utilizzo (ovviamente per le mitragliere da 20 mm. sarebbe tenuto sotto custodia solo il munizionamento).
Alle navi che intendono navigare in zone infestate dai pirati, dovrebbe essere rilasciata un'apposita certificazione dai Registri Marittimi delle varie nazioni, dopo che un'ispezione ha verificato l'addestramento dell'equipaggio e le sistemazioni di bordo. In questo modo per le navi prive di tale certificazione che venissero liberate con l'intervento di forze militari o dietro trattative e pagamento di un riscatto, tutte le spese sostenute dovrebbero essere messe a carico dell'armatore. Non come adesso che a pagare siamo sempre noi!
La certificazione (che garantisce che la nave ha un certo grado di autodifesa, soprattutto se armata, in caso di attacco di pirati) dovrebbe convenire a tutti, all'armatore che non paga le spese per la liberazione e paga anche meno di assicurazione, a chi spedisce il carico perchè i noli dovrebbero essere più bassi, ai membri dell'equipaggio che avrebbero qualche possibilità di difesa in caso di attacco e di evitare lunghi periodi di detenzione da parte dei pirati, ai semplici cittadini in quanto non vedrebbero parte dei loro soldi spesi in pagamenti di riscatti o per il mantenimento di eccessive forze navali nelle aree pericolose.
E soprattutto mettiamo da parte il buonismo! Uccidere un pirata, fin dai tempi di Pompeo, NON E’ UN REATO!
Di conseguenza se qualche Comandante civile o militare, ordinando un’accostata, passasse sopra ad un barchino di pirati e poi li triturasse con le eliche, che non si veda qualche giudice mettere sotto sequestro la nave e inquisire il Comandante per omicidio volontario!!!