IL BLOG DI ROBERTO

Idee, progetti, lavori in corso e altro ancora.....

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mercoledì 22 febbraio 2012

DI ALTRE NAVI…… E DI ALTRI ARMATORI.


In tempi non sospetti (vedi post “Una serie di circostanze fortunate…” del 17 ottobre 2011) avevo scritto: “Un nostro marinaio che, per uno sfortunato, improvviso ed imprevisto rollio della nave invece di tirare la raffica di avvertimento davanti alla prua dell’imbarcazione pirata, la indirizzasse direttamente su questa uccidendo 5-6 pirati, poi dovrebbe vedersi inquisito dal solito solerte giudice per omicidio volontario?”
Mi ero solo sbagliato sulla nazionalità del giudice. Ma non preoccupatevi perché anche la nostra  magistratura ha aperto un’inchiesta.
Mi riferisco ovviamente alla vicenda della Enrica Lexie, ormai ben nota.
Sul “Giornale” è apparso quello che dovrebbe essere il rapporto compilato dai militari di scorta, subito dopo l’attacco dei pirati.
“151600LT Feb mentre l’unità navale M/T Enrica Lexie navigava in coord 091702N-0760180E distanti 20 Nm dalla costa precisamente al largo di Allepey (India), l’Ufficiale di guardia in plancia informava il team di sicurezza di un bersaglio presente sul radar privo di numero identificativo a circa 3 Nm a prora dritta dell’unità con rotta a puntare.
Monitorata costantemente con radar e otticamente, questa risultava essere un’imbarcazione di piccole dimensioni. Alla distanza di circa 800 yards si effettuavano ripetuti flash con Panerai dall’aletta di dritta, ma senza alcun risultato; chiamata l’attivazione, mentre il dispositivo prendeva posizione, uno dei due operatori già in posizione sull’aletta di dritta palesava l’arma AR 70/90 portandola ben in vista verso l’alto, ciò non è servito a far cambiare rotta all’imbarcazione. Alla distanza di circa 500 yards è stata effettuata la prima raffica di avvertimento in acqua, ma anche questa risultava inutile per convincere l’imbarcazione ad allontanarsi, persistendo la sua rotta a puntare.
Successivamente una seconda raffica di avvertimento in acqua a circa 300 yards dopo che un operatore aveva dato l’allarme di persone con l’arma a tracolla a bordo, avvistati con l’ausilio del binocolo. L’imbarcazione continuava l’avvicinamento, in due uomini abbiamo continuato ad effettuare fuoco di sbarramento in acqua fin quando l’imbarcazione a meno di 100 yards cambiava direzione defilando sotto il nostro lato dritto, scarrocciando da poppa.
L’imbarcazione una volta defilata dalla nostra poppa non aveva una rotta definita, in quanto essa più volte ha ripreso la navigazione verso la nostra unità, tutto il team ha continuato a palesare le armi e flash di Panerai, fin quando l’imbarcazione a velocità spedita, dirigeva in direzione “mare aperto” allontanandosi definitivamente. Alle 1700LT ho ritenuto opportuno, data la notevole distanza dalla minaccia, cessare lo stato di allarme antipirata, svincolando l’equipaggio dal ricovero in cittadella.
Il team ha ripreso il suo servizio di sorveglianza.”

Dalla lettura del rapporto si evince che:
-         l’attacco è avvenuto in acque internazionali;
-         non sono stati sparati colpi di avvertimento in aria, come riportato dai giornali, (cosa peraltro inutile vista la distanza) ma gli si sono mostrate le armi e gli sono stati fatti dei segnali luminosi di avvertimento con il proiettore.
-         sono state sparate due raffiche di avvertimento in acqua quando l’imbarcazione era a 500 e 300 metri dalla nave;
-         vista l’inutilità dei precedenti avvertimenti: “in due uomini abbiamo continuato ad effettuare fuoco di sbarramento in acqua fin quando l’imbarcazione a meno di 100 yards cambiava direzione”, di conseguenza sarà stato qualche colpo in più dei 20 dichiarati (considerando raffiche da tre colpi e togliendo le due sparate prima, restano circa 4 raffiche, un po’ poche per un “fuoco di sbarramento”;
-         sono state rispettate le regole di ingaggio e nessuno ha sparato sull’imbarcazione.

Da questo momento in poi c’è stata solo una catena ininterrotta di errori.
Infatti è successo che la Guardia Costiera indiana, avvertita dal peschereccio con i due morti a bordo, ha contattato la nave italiana chiedendogli di entrare in porto con la scusa di identificare i pirati che l’avevano attaccata che a loro dire erano stati catturati. La nave invece di proseguire la sua rotta come avrebbe dovuto fare e come gli era stato richiesto dalla Marina, sembra per decisione dell’armatore, entra in porto e fa sbarcare i due marò che sono arrestati dalla polizia indiana.

Vediamo in dettaglio gli errori commessi.
  1. la nave doveva continuare la sua rotta, ben sapendo a cosa sarebbe andata incontro entrando in porto. A questo punto, visto che la responsabilità della decisione pare sia stata esclusivamente dell’armatore (sempre che non emergano responsabilità del nostro Ministero degli esteri), mi sembrerebbe più che naturale che il governo sospenda tutte le scorte alle navi di quell’armatore, che il RINA e la Guardia Costiera effettuino accurate ispezioni per le parti di competenza su tutte le navi di quella società, mentre la Guardia di Finanza si potrebbe occupare della contabilità. Questo a mo di ringraziamento per il casino in cui ha messo l’Italia e di lezione per gli altri.
  2. Una volta entrati in porto (e anche qui si dovrebbe accertate di chi è stata la responsabilità) non si doveva far sbarcare i due marò. Se gli indiano li volevano, che andassero pure a prenderli con la forza, attuando quello che chiaramente diventava un atto di guerra.
  3. una volta successo comunque il danno, il governo doveva intervenire immediatamente, inviando subito i suoi funzionari, sia sulla nave sia a indagare e raccogliere prove sul peschereccio. Il nostro caro primo ministro doveva attaccarsi al telefono e chiamare il suo omologo indiano minacciandolo di ogni possibile calamità, se non avesse liberato subito i marinai e fatto ripartire la nave. Ma questa ovviamente è fantapolitica, ben altro atteggiamento avrebbero avuto inglesi o americani. Pretendere che i nostri politici facciano i duri con qualcuno che non sia un pensionato o un lavoratore dipendente, è effettivamente chiedergli troppo.
Indipendentemente dal fatto che possa esserci stato uno scambio di imbarcazioni o attacchi a una nave greca, le accuse degli indiani mi sembrano alquanto pretestuose e inconsistenti. Se infatti il peschereccio fosse stato veramente attaccato dagli italiani, quale miglior prova che mostrare i proiettili recuperati dallo scafo e dal corpo dei due pescatori uccisi; a quel punto sarebbe stato del tutto legittimo, da parte dell’India, pretendere e ottenere una prova balistica sulle armi in dotazione al team antipirateria, ed in caso di effettiva rispondenza, chiedere un risarcimento all’Italia.

Ma la questione può essere osservata anche da un altro lato. Ammettiamo che il peschereccio in questione sia veramente l’imbarcazione pirata che si è avvicinata alla nave italiana e che il team antipirateria, una volta avvicinatasi troppo, abbia sparato (volontariamente o no) a bordo colpendo due uomini dell’equipaggio. A questo punto cosa impediva ai pirati, vista sfumare la preda e le perdite subite, di buttare le armi a mare, chiamare la Guardia Costiera indiana e dichiarare di essere innocui pescatori, barbaramente attaccati da una nave italiana?
Viste le reticenze indiane, è un’ipotesi del tutto legittima.

E’ circolata anche la voce che qualcuno del team abbia fatto delle foto alla nave pirata, però non si è saputo altro ne si sono viste le foto, che sarebbero la prova migliore per scagionare l’Italia.

Lesson Learned
Vediamo quale dovrebbe essere la lezione imparata, come dicono gli americani, da questa vicenda. Secondo me c’è molto da imparare e, si spera, da mettere in atto:
-         Chiarire ad armatori e comandanti che le navi devono continuare la loro rotta. Se si viene costretti comunque con la forza a entrare in un porto (ma questo è già un atto di guerra), rallentare il più possibile la navigazione in modo da avvertire e dare il tempo di agire alle nostre autorità. Soprattutto, una volta in porto, non far sbarcare assolutamente il personale.
-         Data la natura principalmente diplomatica di questi episodi, vicende analoghe dovrebbero essere seguite dall’unità di crisi della Farnesina, di cui dovrebbe far parte un ufficiale di marina di grado elevato e di vasta esperienza. Il team imbarcato dovrebbe essere dotato di idonei strumenti di comunicazione diretta con l’unità di crisi.
-         Dotare il team di una videocamera con un ottimo zoom, in modo da permettere la ripresa di tutte le azioni ostili e difensive, così da avere un documento di quanto effettivamente accaduto.
-         Dotare il team delle sole armi portatili è insufficiente, visto che le sole raffiche degli AR 70/90 non hanno fatto desistere l’imbarcazione dall’avvicinarsi alla nave. Dovrebbero avere in dotazione almeno un AR 70/90 munito di lanciagranate e due mitragliatrice MG 42/59, una per aletta di plancia.
-         Organizzare delle campagne pubblicitarie, nei paesi rivieraschi delle aree a rischio pirateria, avvertendo che le navi mercantili italiane viaggiano con scorte armate a bordo, quindi le imbarcazioni locali evitino di avvicinarsi e in caso di segnalazioni luminose o raffiche di avvertimento, invertano subito la rotta. Ogni ulteriore avvicinamento a meno di 500 metri sarà a loro rischio e pericolo.

La cosa grave, che ancora non mi sembra si sia stata ben capita in questo assurdo paese, è che ad essere accusati di un delitto, probabilmente non commesso, non sono i due marò, ma è l’Italia stessa. I due marò in quanto appartenenti alle Forze Armate rappresentano e SONO l’Italia, pertanto ogni atto da loro fatto, è fatto dall’Italia.

Il problema è che in India la vicenda viene usata a fini di politica interna, gli indiani mal sopportano che alla guida del Partito del Congresso possa esserci una straniera, italiana guarda caso. Mentre l’Italia avrebbe in questo momento forti interessi industriali e commerciali con l’India (anche se per volume di scambi è agli ultimi posti dei partner commerciali dell'India), quindi figuriamoci se il nostro governo dei banchieri e dei mercanti si mette a fare la voce grossa. Come al solito ci siamo calati le brache.


venerdì 17 febbraio 2012

UN UOMO E UNA NAVE (Parte 2^)

UNA NAVE

 La prima cosa che salta agli occhi, osservando un disegno della Costa Concordia, è l’enorme differenza che c’è tra la parte immersa (parte in rosso + linea blu, sul disegno) e la parte emersa.
A fronte di un’altezza sul livello del mare di 52 metri, si hanno solo 8,6 metri immersi, con ovvi problemi di stabilità, se le condizioni ottimali vengono meno.
Una bassa immersione è necessaria per poter entrare nei porti turistici, gli ampi spazi in altezza sono pure necessari per ospitare il maggior numero possibile di passeggeri nonchè tutte le installazioni del divertimentificio di bordo.
Un semplice confronto tra i profili della Raffaello (l’ultimo grande transatlantico italiano) e la Costa Fortuna, esemplifica come sia cambiato il disegno delle grandi navi passeggeri dagli anni ’60 ad oggi.
Le navi di allora avevano ancora una loro eleganza, mentre quelle di oggi sono solo dei grossi scatoloni, in pratica dei luna park galleggianti.
Questo è dovuto al modo di intendere le crociere, che è radicalmente cambiato nel corso di questi ultimi anni.
Una volta la crociera era organizzata in modo da toccare i porti previsti al mattino, dare modo ai passeggeri di visitare le località durante tutto il giorno e poi effettuare la navigazione di trasferimento verso la tappa successiva la notte. Al massimo si inseriva un giorno di navigazione piena, per far godere i passeggeri delle attrazioni di bordo e raggranellare qualche soldo.
Oggi invece si tende a cercare di tenere sulla nave i passeggeri il più possibile allo scopo di fargli spendere a bordo la maggior parte dei loro soldi. Per far questo ci si mette di tutto di più: teatri, centri benessere, discoteche, bar, ristoranti a pagamento (diversi da quelli inclusi nel prezzo del biglietto), simulatori di guida, ecc.. Ovviamente si organizza anche un fitto programma di eventi ai quali i passeggeri possono partecipare. In sostanza è la stessa filosofia dei villaggi turistici, si tende a cercare di tenere il più possibile i turisti all’interno, offrendo divertimenti ed intrattenimenti di ogni sorta, per poterli sfruttare economicamente al massimo.

Purtroppo in rete non si trovano i piani della nave; il solo che ho trovato è una foto della sezione longitudinale e per di più a bassa risoluzione.
 
In rete mancano totalmente le viste in pianta, tranne che per i ponti occupati dai passeggeri, che sono totalmente inutili per farsi un’idea di come sia compartimentata la nave.
Mi sono dovuto arrangiare pertanto con il seguente disegno.
 
Osservando il disegno si può notare:
-         la linea di galleggiamento della nave evidenziata dalle linee in blu a prua e a poppa;
-         in giallo lo spazio riservato ai passeggeri, alle installazioni del divertimentificio e di governo della nave (plancia);
-         la linea in verde sotto il ponte Olanda, dovrebbero essere gli alloggi per l’equipaggio.
-         in rosso sono evidenziati il ponte delle paratie o ponte 0 (linea rossa orizzontale sotto il ponte degli alloggi equipaggio) e le paratie stagne trasversali (linee rosse verticali).
Mi lasciano un po’ perplesso quei due grandi spazi tra le paratie che si osservano a poppa sotto il fumaiolo e a prua sotto la plancia, purtroppo non disporre dei piani costruttivi della nave rende difficle farsi un’idea esatta del loro scopo.

A parte queste perplessità progettuali, più di una cosa sembra non aver funzionato a dovere quella sera. Si dovrà poi vedere se questi malfunzionamenti sono stati una conseguenza della collisione con lo scoglio, oppure erano già presenti prima.
E’ bene precisare comunque, che prima della partenza sia il personale di coperta sia quello di macchina, effettuano il controolo degli apparati di loro competenza secondo apposite check-list, i risultati sono annotati e registrati ed eventuali anomalie riferite al Comandante.

Sui giornali sono apparse diverse descrizioni delle avarie della Costa Concordia, vediamone alcune:

Radar: Il radar di bordo non avrebbe segnalato lo scoglio che ha causato il naufragio. Un dettaglio non da poco messo a verbale dal comandante Schettino: ''All'improvviso vidi a prua la schiuma sulla superficie dell'acqua e capii che c'era uno scoglio che il radar non mi batteva, (non mi individuava)''. Ma era davvero guasto o malfunzionante? Ed erano in contemporanea fuori uso anche le molte altre apparecchiature di cui sono dotate navi di quelle dimensioni che possono segnalare pericoli emersi e sommersi lungo la rotta?

In realtà il Comandante Schettino ha dichiarato:
“Vado sul ponte di comando, era stata tracciata la rotta, io avevo fissato in 05 di distanza al passaggio; al primo ufficiale che seguiva le consegne da me impartite gli dissi di ridurre la velocità inizialmente, man mano che la nave accostava e si portava sulla dritta, dissi: "Okay, adesso io assumo il comando e termino io la manovra". Nel venire a dritta ho stabilito un CPA di circa 028 dall'isola, sapendo, consultando dalla carta nautica, che fino a sotto lo scoglio ci fosse profondità, è così ho fatto. Stavo salendo.. . quando poi mi sono affacciato sulla prua mi sono reso conto che ci sono due scogli, di cui uno, quello del quale io rilevavo la distanza minima alla quale mi ero prefisso di passare, che era quello che il radar batteva, ma nella realtà ce ne stava un altro, io
ho visto sottocchio, che stava più verso la nave. È li è stato.. . se io avessi, e di questo ne sono convinto e ne sono lucido, non continuato l'accostata della nave a dritta, la nave non avrebbe scodato con la poppa e non avrebbe interessato questo scoglio.”

Ne risulta che il radar era perfettamente funzionante e che lo scoglio fatale era in realtà immerso o comunque a pelo d’acqua, pertanto non poteva essere battuto dal radar. Le uniche apparecchiature che possono individuare ostacoli sommersi sono i sonar, apparati non certo in dotazione ad una nave mercantile. Non confondiamo poi un sonar con un ecoscandaglio; quest’ultimo è un apparecchiatura che fornisce solo la profondità e la conformazione del fondale, ma solo direttamente sotto la chiglia, non può individuare oggetti che sono situati davanti alla nave. Siamo pertanto in presenza della solita ignoranza giornalistica.

Black out:Anche se è durato poco, come dicono i testimoni, possibile che una città galleggiante resti improvvisamente al buio? Decine di passeggeri raccontano anche che quando è tornata la corrente, le cabine e molti corridoi erano comunque rimasti nell'oscurità, avaria che avrebbe potuto avere conseguenze pesantissime perchè la gran parte dei salvagenti era stivata al loro interno. Quando ai passeggeri ci fu l'ordine:''Tornate in cabina'', in pochissimi lo fecero proprio per evitare un percorso al buio.

Il black out fu dovuto all’allagamento di entrambi i locali dei generatori ( e qui si dovrebbe capire come sia stato possibile), in ogni caso entrò in funzione il diesel di emergenza, anche se in ritardo (vedremo poi come), e comunque (non so se sulla Costa Concordia sia stato fatto) un buon progettista, avrebbe dovuto prevedere delle lampade di emergenza alimentate a batteria, in modo da garantire egualmente la necessaria illuminazione all’interno della nave.

Le porte delle cabine non si potevano aprire: Dopo l'improvvisa interruzione di corrente andarono in tilt anche i meccanismi di apertura delle porte delle cabine con la card magnetica. Lo denunciano molti passeggeri che raccontano anche per non farle chiudere ermeticamente col rischio di restare imprigionati mettevano sedie o puf tra il battente e la porta.

Questa è un’altra carenza progettuale. Se è vero che dall’interno comunque l’apertura dovrebbe essere manuale, dall’esterno è dipendente dalla card. Non siamo in un albergo a terra! Su una nave mi sembra logico pensare che alcune parti possano trovarsi a finire sott’acqua, come del resto è accaduto. Di conseguenza sarebbero da evitare tutti quei meccanismi che non possano essere azionati anche in assenza di energia elettrica o nel caso di immersione in acqua; specialmente se questi meccanismi sono applicati sulle porte delle cabine.

Scatola nera: Il comandante ha dichiarato che non funzionava, e che il guasto era noto. Nelle prossime ore, con l'apertura dell'apparecchiatura, si saprà se è vero e se c'è stato un malfunzionamento.

Sembra che invece fosse funzionante, comunque lo vedremo presto in sede di incidente probatorio.

Pompe di sentina:Sono le apparecchiature che servono a svuotare una barca nel caso di ingresso di acqua di mare. Le montano tutte le barche dalle piccolissime alle grandi navi. Sui grandi bastimenti si chiamano ''Pompe esaurimento Grandi Masse''. Un ufficiale ha raccontato e fatto mettere a verbale che ''tali pompe non funzionavano''. E in effetti, dopo l'impatto, l'acqua è entrata a cascata. E la nave si è inabissata rapidamente. Perchè era troppo grande la falla o perchè quelle apparecchiature che avrebbero potuto almeno rallentare l'affondamento erano davvero in tilt?

La definizione corretta è “pompe grandi masse” o “di esaurimento”, logicamente hanno una certa portata, che può diventare completamente insufficiente nel caso di falle molto estese.

Ha dichiarato Alberto Fiorito, di guardia in macchina al momento dell’evento:
“…Tutti gli allarmi suonavano. Mi sono allontanato dalla centrale per aprire l’aspirazione grandi masse. Scendendo alla rampa del ponte B nel locale generatori di prora ho aperto la porta e ho visto lo squarcio nella fiancata della nave e l’acqua che entrava. Sono rientrato in ufficio e ho visto che avevano messo la propulsione a 0 e i pannelli della propulsione erano spenti. Ho dato il comando per la chiusura delle valvole di compartimentazione per impedire il passaggio dell’acqua tra i locali. Nel giro di due minuti tutto era già allagato. Ho aperto la porta del locale quadro elettrico principale per poi accedere al locale dei generatori di poppa per scendere al ponte A ma c’erano già quasi due metri di acqua.
Pilon mi ha chiesto di aspirare ma era già tutto sommerso d’acqua e le pompe non giravano.”

I punti importanti sono quelli sottolineati. E’ evidente che una delle prime manovre fatte, è stato proprio il tentare di mettere in moto le pompe di esaurimento che però non sono mai entrate in funzione. La domanda è: non sono entrate in funzione perché in avaria (precedente o conseguente alla collisione) oppure perché non era possibile alimentarle? Purtroppo si preferisce ancora pensare al gossip e alla posizione esatta di una certa Moldava in plancia, che non a queste importanti questioni tecniche.
Per gli allagamenti massicci si usano apposite pompe, dette "esaurimento grandi masse", la cui portata varia da alcune decine a molte centinaia di tonnellate/ora.
Le pressioni in gioco sono modeste: giusto quelle necessarie per portare il liquido dal livello sentina al livello del piano di galleggiamento.
Alcune di queste pompe sono del tipo cosiddetto "immergibili". Vale a dire che esse possono funzionare anche con il locale completamente allagato, pur essendo mosse da motori elettrici.
Questo risultato può essere raggiunto in due modi:
- tenendo separati corpo idraulico (che sta in un punto basso del compartimento) e motore (che sta ai disopra del ponte delle paratie) collegati, si capisce, con un asse d'acciaio;
- costruendo il motore elettrico in modo che risulti stagno all'acqua.

Di quale tipo erano le pompe della Concordia, ed erano stagne?
Altra cosa interessante da chiarire sarebbe la funzione delle valvole di compartimentazione.

Le paratie stagne e di bilanciamento: Ufficiali della Concordia hanno dichiarato che le paratie stagne (ciò le ''pareti'' obbligatorie che possono ''isolare'' la parte dello scafo che si sta allagando, per circoscrivere il danno) non si chiudevano. E non si sarebbero mosse neanche le paratie ''deboli'' o di bilanciamento, quei ''tramezzi'' di separazione tra le varie zone della parte immersa della nave che dovrebbero scendere automaticamente per garantire che l'allagamento avvenga in modo simmetrico per evitare che la nave si inclini. E invece la Concordia si è piegata su un fianco poco meno di due ore dopo l'impatto con lo scoglio. La causa è stata un' avaria alle paratie o perchè si è appoggiata sulla scogliera e dunque ha perso l'assetto?

Sulle cosiddette “paratie di bilanciamento” ho già detto nel post “I due ignoranti”. Le paratie stagne poi di per se non possono chiudersi, in quanto sono elementi strutturali fissi della nave. Quello che deve chiudersi sono le “porte stagne”, cioè quelle porte che permettono il passaggio attraverso le paratie stagne e che, naturalmente, devo essere stagne pure loro.
Le porte stagne devono, o dovrebbero essere già chiuse prime di uscire dal porto.

Infatti il direttore di Macchina Giuseppe Pilon ha dichiarato che subito dopo l’impatto:
Ho detto di controllare che tutte le porte stagne fossero chiuse come previsto.”
E molto probabilmente erano già chiuse al momento dell’incidente.

Alberto Fiorito:
“Il black out è stato quasi immediato. Il diesel di emergenza è partito, ma non si è attaccato al quadro elettrico generale. Ciò è stato fatto da Petrov e Iosso manualmente con un cacciavite. Le porte stagne erano chiuse e Pilon parlava con il ponte.”

Martino Pellegrini, Safety Officer della Concordia:
“D. era stata verificata la chiusura delle porte stagne prima della partenza?
R. certo, era stata verificata mezz’ora prima della partenza dal pompiere di guardia, ma non mi ricordo il suo nome. L’avvenuta chiusura delle porte stagne è stata riportata sul ponte ed annotata sulla check-list ed a giornale. Infatti, quando sono arrivato sul ponte, ho sentito il Comandante chiedere di verificare che le porte stagne fossero tutte correttamente chiuse. Credo che abbia risposto affermativamente l’ufficiale di guardia Ambrosio, e comunque sono andato lo stesso a verficare al monitor del computer SMCS gli indicatori di chiusura delle porte.”

Per bilanciare lo sbandamento di una nave non si allagano i locali (se non in circostanze di assoluta emergenza) ma esistono altri sistemi, che però sulla Costa Concordia non hanno funzionato.

Ha dichiarato Martino Pellegrini:
“A quel punto il Comandante ha cercato di far bilanciare la nave visto che cominciava a sbandare verso sinistra, Infatti ricordo di aver chiaramente sentito il Comandante dire a qualcuno “bilanciamo la nave” senza, però specificare come. Al riguardo preciso che a bordo sono presenti vari sistemi di bilanciamento. In generale il più veloce è il travaso di acqua di zavorra tra le casse alte ma, in alternativa o anche contemporaneamente, si può svuotare anche i doppi fondi. Non so esattamente quali manovre siano state eseguite.”

Il Comandante Schettino ha dichiarato:
“Ho chiesto di mettere in moto a tale proposito, durante la fase di allagamento, la pompa di zavorra, di bilanciamento, per fare in modo da tenere nei vari stadi di allagamento della nave, la nave più simmetrica possibile a ponti orizzontali, e questo non funzionava; ho chiamato il direttore di macchina e non riusciva a darmi la possibilità di bilanciare questa benedetta pompa.”

Ancora Martino Pellegrini:
“Ricordo che il Comandante ha chiesto se fossero partite le pompe per il bilanciamento della nave ed ha ripetutamente detto: “fate partire le pompe, raddrizziamo la nave” o qualcosa di simile. Le pompe comunque non erano partite e non si riusciva a farle partire dalla macchina. Io presumevo che si fosse allagato il locale pompe ed in effetti ne ho avuto conferma in seguito.”

Anche per queste pompe vale lo stesso discorso fatto per le pompe di esaurimento.

Ci sono almeno altre tre avarie che dovrebbero essere indagate: il computer utilizzato per i calcoli di stabilità, il diesel di emergenza e l’allagamento dei motori elettrici di propulsione.

Computer utilizzato per i calcoli di stabilità
Questo computer, non è chiaro se fosse un computer fisso o portatile, sarebbe stato un importante ausilio decisionale per il Comandante, proprio perché poteva dare indicazioni sulla stabilità della nave ormai compromessa dall’allagamento.

Ha dichiarato Martino Pellegrini:
R. “..il terzo ufficiale Scarpato stava cercando di riattivare il computer utilizzato per i calcoli di stabilità, visto che si era spento in seguito al black out. Scarpato ha collegato il computer ad una presa di corrente alimentata dai sistemi di emergenza e ha cercato di metterlo in linea con le sonde delle casse. Io ho cercato di aiutarlo…….   Quando ho iniziato la simulazione dei compartimenti allagati mi sono improvvisamente accorto che eravamo sbandati dall’altra parte. A questo punto ho capito che era perfettamente inutile continuare con la simulazione perché il software non si era ancora allienato con le sonde, forse perché queste non erano alimentate dai sistemi d’emergenza e ho pensato di riferire tutto al Comandante o a qualcuno che potesse avvisarlo.”
D. sul ponte di comando, le prese alimentate dal sistema di emergenza sono contrassegnate o indicate espressamente?
R. Non ne sono sicuro, non mi sembra. So per certo che le prese elettriche alimentate dall’emergenza sono comunque all’interno della console nel locale denominato safety center del ponte di comando.
D. Il computer per il calcolo di stabilità era alimentato da una presa di emergenza?
R. Quando dal tavolo di carteggio mi sono recato nel safety center, sempre all’interno del ponte di comando, ho visto il computer già acceso. Ma Scarpato mi ha chiesto la password per l’accesso e mi ha detto di aver acceso il computer dopo aver spostato la spina ad una altra presa elettrica alimentata dall’emergenza.

Mi domando come mai per uno strumento così utile e per i sensori nelle casse, non sia stata prevista la doppia alimentazione linea normale-linea di emergenza. Inoltre perché non era situato direttamente in questo “safety center” che, almeno dal nome, dovrebbe essere il centro di sicurezza della nave?

Generatore di emergenza.
La nave è dotata di un generatore di emergenza situato in alto (ponte 12) apposta perché possa funzionare anche in caso di allagamenti, di potenza di circa 1 MW, ovviamente insufficiente per alimentare la propulsione della nave, ma sicuramente sufficiente ad alimentare gli utenti collegati alle linee di emergenza, le luci, le pompe antincendio, le pompe di esaurimento e bilanciamento.

Infatti ha dichiarato Martino Pellegrini:
“L’unico generatore che funzionava a tratti era il piccolo diesel generatore collocato sul ponte 12 che produce comunque meno di un Megawatt e non avrebbe mai potuto sostenere il carico della propulsione. Se le pompe non si fossero allagate tale ultimo generatore le avrebbe certamente alimentate.”

Pilon Giuseppe:
“Il tempo di dire questo e il black out era totale. Si è spento tutto. Il diesel di emergenza non è partito. Nel frattempo sono scesi tutti gli gli Ufficiali e i tecnici. Ho mandato l’ufficiale elettronico, Iosso, e Petrov, primo ufficiale di macchina ai motori giornaliero, nonché Borghero, direttore in seconda, a vedere perché non era partito il diesel di emergenza. Nel frattempo ho aperto la porta della centrale, ho aperto la sala macchine e l’acqua era già a ponte 0, è arrivata subito al quadro elettrico e sono saltati gli UPS, unità di potenza di riserva che consentono di far partire il diesel di emergenza. Iosso è riuscito a far partire manualmente il diesel di emergenza”.

Alberto Fiorito
“Il black out è stato quasi immediato. Il diesel di emergenza è partito, ma non si è attaccato al quadro elettrico generale. Ciò è stato fatto da Petrov e Iosso manualmente con un cacciavite.”

E qui queste due ultime testimonianze divergono.
Inoltre se gli UPS servono per far partire il diesel di emergenza, perché non metterli nello stesso locale in alto, quindi al riparo da allagamenti?

L’allagamento dei motori elettrici di propulsione.

Il Comandante Schettino:
"La nave è compartimentata in modo che ci ha motori di propulsione 1, 2 e 3 in un compartimento stagno; 4, 5 e 6 nell’altro compartimento stagno e due motori elettrici, due P.E.N., che sono motori di propulsione. A me è stata data come informazione dalla centrale macchina che i due motori di propulsione erano interessati dall’acqua.”

Giuseppe Pilon:
“Ho dato la situazione al Comandante Schettino. Gli ho detto che sala macchine, quadro elettrico e la zona poppiera della nave erano allagate. Gli ho detto che avevamo perso il controllo della nave.”
“Siamo scesi siotto il piano ponte 0 al ponte A. I motori elettrici di propulsione erano allagati. Me lo ha detto il mio capo macchina, Borghero.”
“Era allagato locale motrici principale, 2 sale motori, zona allungata con le pinne stabilizzatrici e locale evaporatori.”.

Da queste testimonianze, in assenza dei piani della nave, si evincerebbe che i due motori elettrici di propulsione sono sistemati all’interno di un unico locale e non in due locali differenti, con la conseguenza di finire entrambi sott’acqua.
Se fosse effettivamente così sarebbe un bell’errore progettuale.
Anche i due locali dei generatori sarebbe meglio sistemarli, invece che in due locali contigui e disposti in senso longitudinale, in due locali separati uno sul lato dritto ed uno sul lato sinistro della nave. 
  
Conclusione
Non so se il relitto della Costa Concordia sia stato messo sequestro dalla magistratura. Dovrebbero comunque farlo dopo il recupero, allo scopo di permettere l’esecuzione di tutte le perizie tecniche sia dell’accusa sia della difesa.
Punti oscuri o comunque poco chiari, mi sembra che ce ne siano e che richiedano un’approfondita indagine tecnica allo scopo di verificare se impianti e procedure di bordo, rispettavano quanto previsto dalla normativa.
Da questa indagine potrebbero anche scaturire dei miglioramenti o delle varianti alle normative in modo da impedire, in futuro, il ripetersi di simili incidenti.

sabato 11 febbraio 2012

UN COLPO ALLO STORICO E UNO AL....... FANTASY

Ecco le prime basette del mio esercito di Egizi dell'Antico Regno per DBA.
Rispettivamente Blades, Psiloi e Orde.
Ed infine Orkut, eroe orco per il mio esercito di HOTT.
Per vedere le altre foto, cliccare qui.

giovedì 9 febbraio 2012

I DUE IGNORANTI…. NEL SENSO CHE IGNORANO.

I casi sono due, o io sono un ignorante oppure lo è l’avvocato del Comandante Schettino.

Mi riferisco alle cosiddette “paratie deboli”, riporto di seguito quanto pubblicato da diversi giornali:
“……é la stessa tesi sostenuta dall’avvocato Bruno Leporatti che assiste Schettino. Nella memoria che ha depositato al gip e che contiene le sue deduzioni in vista dell’incidente probatorio richiesto dal pm, il legale aggiunge l’elemento dello scarso funzionamento di alcuni servizi di sicurezza e di controllo sulla nave. A suo dire, la Concordia - secondo quanto riferito da Schettino - «aveva chiesto inutilmente, più volte, la messa in funzione della pompa di zavorra o di bilanciamento». «Non fu neanche possibile avviare le pompe esaurimento grandi masse - considera l’avvocato -. Tali fatti dovranno formare oggetto di ulteriore tema dell’accertamento peritale in modo che esso chiarisca se gli impianti di emergenza funzionarono o meno. Ci sono poi da valutare anche le cosiddette paratie deboli. L’accertamento peritale dovrà estendersi anche al comportamento seguito all’allagamento della nave. Le paratie sono quei tramezzi di separazione delle varie parti della nave destinate a cedere in conseguenza della pressione dell’acqua al fine di garantire l’allagamento del bastimento in modo simmetrico». Un dato importante soprattutto per la posizione del comandante che è stato accusato di aver tenuto la nave in asse per quasi due ore senza decidere di sbarcare i passeggeri”.

Io ho sentito parlare di “paratie rinforzate”, ma mai di “paratie deboli”. Sarei grato, a questo punto, se qualcuno, esperto in argomenti navali, potesse illuminarmi sull’argomento.

L’avvocato dice: “Le paratie sono quei tramezzi di separazione delle varie parti della nave destinate a cedere in conseguenza della pressione dell’acqua al fine di garantire l’allagamento del bastimento in modo simmetrico”.

Se ho capito bene dei punti, appositamente e opportunamente posizionati, destinati a cedere sotto la pressione dell’acqua entrata in un compartimento, in modo che sia possibile allagare anche il compartimento adiacente così da mantenere la nave dritta.
Ma vi sembra logico?
Restiamo al caso della Costa Concordia. La nave è dotata di sei diesel-generatori suddivisi in due locali adiacenti, separati da una paratia stagna, uno posizionato sul lato sinistro ed uno sul lato dritto. Per garantire l’alimentazione alla nave bastano tre generatori.
Facciamo il caso che la falla, invece di interessare lo scafo per una cinquantina di metri, fosse stata limitata al solo locale generatori di sinistra. A questo punto la nave ha un solo compartimento allagato e la galleggiabilità non è affatto compromessa, sebbene possa assumere qualche grado di sbandamento a sinistra; con l’alimentazione data dai tre generatori del locale di dritta può tranquillamente raggiungere il porto più vicino. Intervengono invece le famose paratie deboli che cedono e…. fanno passare l’acqua nel locale generatori di dritta. Bella furbata! Adesso la nave non è più sbandata, è perfettamente orizzontale, ma ha perso i generatori di dritta, rimanendo di fatto immobilizzata!
Altra considerazione. La nave è progettata per poter galleggiare con tre compartimenti adiacenti allagati. Sbandata quanto volete, ma galleggia sempre e c’è tutto il tempo per richiedere i soccorsi ed eventualmente mettere il salvo passeggeri e equipaggio. Se invece, in questa situazione, intervengono le “paratie deboli”, ci troveremmo come minimo con sei locali allagati. Conseguenza la nave affonda, perfettamente dritta, ma affonda.
Adesso se vi sembra logico installare a bordo dei congegni che in caso di allagamento, in modo del tutto automatico e senza nessuna possibilità di controllo manuale, fanno passare l’acqua dall’altra parte…… datemi pure dell’ignorante!

mercoledì 8 febbraio 2012

COSTA CONCORDIA - DOMANDE E….. RISPOSTE

In attesa che riesca a buttare giù la seconda parte del post “Un uomo e una nave” ecco le 10 piste investigative “suggerite” alla procura di Grosseto dalla denuncia collettiva elaborata dall'avvocato Giulia Bongiorno per una cinquantina di passeggeri della nave Costa Concordia, riuniti in una “class action”. Nell'istanza il legale chiede di verificare se ci sono altre responsabilità e di ricostruire le inefficienze che hanno concorso a determinare il naufragio davanti all'Isola del Giglio la sera del 13 gennaio.
Purtroppo in rete, a cominciare dal sito dell’ANSA, non mi è riuscito di trovare un elenco completo di tutti i dieci punti.


Nel dettaglio dei 10 punti, l'avvocato Bongiorno chiede di verificare se la nave Costa Concordia fosse stata costruita con pieno rispetto degli standard di sicurezza e, quando comunque ciò risulti, di indagare se alla partenza della crociera nel Mediterraneo i dispositivi a bordo fossero in piena efficienza e non ci fossero invece delle anomalie nel loro funzionamento. 

Questo è sicuramente il più importante e l’unico quesito al quale l’avv. Buongiorno non poteva rispondersi da sola, come avrebbe potuto fare per gli altri (almeno quelli resi noti).
La domanda è ottima e pertinente. Doveva anche essere una delle prime cose di cui doveva occuparsi la Procura, invece di rincorrere il gossip e stabilire se c’era e dov’era una certa Moldava.
Il fatto che la ormai famosa Domnica Cemortan (un cognome che, in italiano, è tutto un programma…..), fosse o meno in plancia è del tutto irrilevante per stabilire le responsabilità del naufragio. Senza contare che, a giudicare dalle prime dichiarazioni, sarebbe più un testimone della difesa che non dell’accusa.
Che qualcosa non abbia funzionato come doveva è evidente dalle dichiarazioni finora rilasciate dagli Ufficiali di bordo, dove si parla di pompe di esaurimento che non hanno funzionato, di computer per il calcolo della stabilità non alimentati e altro, che approfondirò nella seconda parte del post “Un uomo e una nave”


Come terzo punto il legale chiede ai pm anche di accertare quali siano state le direttive impartite dall'armatore, e quali inoltre le disposizioni date ai natanti dall'autorità marittima, "in ordine alla navigazione cosiddetta turistica", cioé svolta su rotte sotto costa, vicino alla terraferma e alle isole.

La navigazione sottocosta è un fatto che tutti conoscono. Limitandosi al solo Giglio lo sa il sindaco, lo sa l’ufficio della Capitaneria, lo sa la proloco, lo sa la popolazione tutta, proprio perché basta affacciarsi alla finestra.
Non esiste alcun limite per nessuna imbarcazione se non quello delle zone di mare riservate ai bagnanti (200 mt) e devono essere segnalate dalle boe, quindi i vari passaggi vicino alle coste non violano nessuna legge ...almeno fin tanto che non vanno a spiaggiare.
Le zone di mare interdette alla navigazione vicino alle coste sono solo le zone di mare destinate alla balneazione per una distanza di 200 metri dalle spiagge e di 100 metri dalle coste a picco, dove sono vietati:
1) il transito di qualsiasi unità navale;
2) l’ormeggio o l’ancoraggio di qualsiasi unità navale, salvi i casi riconducibili a regolare concessione demaniale marittima.
Pertanto visto che non ci sono state proteste dagli enti suddetti e che la normativa non pone limiti oltre i 200 mt ( il più delle volte poi per la sola stagione estiva - Cfr. ordinanza n° 45/2011 del 30.4.2011 dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Porto Santo Stefano), nessun reato è stato commesso.


Nella 'class action' si chiede anche di fare luce sugli eventuali "ritardi nell'emergenza e nella richiesta dei soccorsi" dopo l'impatto contro gli scogli de Le Scole.

I cosiddetti ritardi, sono spiegati dal fatto che prima di richiedere i soccorsi il Comandante di una nave deve accertarsi del danno subito, mettere in atto tutto quanto possibile al contenimento/ripristino del danno e solo dopo chiedere i soccorsi.
Si deve tenere conto che un soccorso, lo si paga e anche caro. Di conseguenza un Comandante per non incorrere nelle ire dell’Armatore, prima di richiederlo, si assicurerà che sia veramente necessario.
Se il tempo impiegato sulla Costa Concordia, sia stato tanto o poco è difficile stabilirlo. Non c’è un limite fissato per legge. Dovrà essere valutato, in sede di processo, dall’esame di quanto effettivamente fatto dai vari Ufficiali di bordo.


Quinto punto, si chiede di chiarire riguarda le "ragioni per cui nei brogliacci dell'elenco cronologico degli eventi della capitaneria di porto di Livorno fu riportato che alle 22 il traffico marittimo nel Tirreno era regolare", nonostante, si ricorda, che l'impatto sia stato finora fissato alle 21.42 e l'allarme di falla sia stato dato alle 21.45, cioé 15-20 minuti prima. 

La Capitaneria di Livorno è venuta a conoscenza che qualcosa forse era accaduto a bordo della Costa Concordia, solo dopo la famosa telefonata dei carabinieri di Prato.
Non esiste in mare un sistema equivalente a quello aereo, dove ogni volo è seguito e preso “in carico” dai vari operatori di radar e torri di controllo. In mare non esistono torri di controllo, se non per regolare il traffico in alcuni porti. La navigazione è libera.
Di conseguenza la Capitaneria non ha nessun obbligo di seguire la navigazione di nessuna nave e di conseguenza nessuna colpa.
Senza contare che il sistema AIS, non è un radar che da la posizione istantanea di ogni oggetto, ma mostra una situazione che viene aggiornata ad intervalli regolari.


Anche il monitoraggio sul sistema AIS (Authomatic Identification System) relativo alla Costa Concordia è oggetto di una possibile pista investigativa contenuta nella denuncia, chiedendo se c'é stato, e come veniva fatto, sia dalla compagnia, sia dalla sala operativa della capitaneria di porto di Livorno.

Per quanto riguarda la Capitaneria ho già chiarito sopra.
Altro discorso è per la Compagnia che potrebbe avere l’interesse, nella sua sala operativa, a seguire le proprie navi “da vicino”. In ogni caso non credo che esistano obblighi di legge a far ciò.
Di conseguenza la questione è irrilevante ai fini dell’accertamento delle responsabilità.
Inoltre l’eventuale operatore che avesse seguito costantemente la navigazione della Concordia sul sistema AIS, avrebbe rilevato la nave in prossimità del Giglio, quando in realtà, per il ritardo nella visualizzazione, la nave aveva già urtato lo scoglio.


E ancora, al settimo punto, si evidenzia la necessità di chiarire "se gli errori nella manovra" di avvicinamento al Giglio siano "da attribuire al solo comandante Francesco Schettino" o debbano essere considerate le responsabilità di altri soggetti, eventualmente da co-indagare "a titolo di cooperazione colposa". Di conseguenza, l'avvocato Bongiorno indica ai pm di verificare "se gli ufficiali a bordo della nave abbiano agito in qualche modo per correggere gli ordini dati da Schettino".

La responsabilità è del solo Comandante Schettino, che prima di avvicinarsi al Giglio, aveva assunto “la direzione della manovra”, sollevando così il primo Ufficiale Ambrosio di guardia in plancia in quel momento. Da quell’istante in poi il solo Schettino è responsabile, pertanto è inutile che la Procura abbia indagato anche Ambrosio che, quando si svolgerà il processo, dovrà essere assolto.
Gli altri Ufficiali a bordo potevano fare presente al Comandante le loro osservazioni (ma non esiste nessun obbligo legale) e il Comandante è libero di tenerne conto o meno, proprio perché avendo assunto la direzione della manovra, ogni responsabilità è esclusivamente sua e di nessun’altro.
Accorgendosi che il Comandante stava comunque per fare una grossa cavolata, cosa avrebbero dovuto fare? Prendere Schettino di peso, chiuderlo nella propria cabina, assumere la direzione della nave e cambiare rotta?
Se avessero fatto così, adesso avremo titoloni di giornali e talk show televisivi a parlare dell’”Ammutinamento del Costa Concordia” ed invece di ricordare il Titanic, avrebbero ricordato (sempre a sproposito) il Bounty!
Perché la loro azione sarebbe stata considerata come ammutinamento. Poi vai a spiegare e soprattutto a dimostrare (visto che l’azione, per essere efficace avrebbe dovuto svolgersi ben prima di avvicinarsi pericolosamente allo scoglio) in un processo che l’intervento era assolutamente necessario per evitare la collisione. Qualunque avvocato alle prime armi potrebbe dimostrare la colpevolezza degli Ufficiali e l’innocenza del Comandante.
Rinfrescatevi la memoria con la visione di un vecchio film americano “L’ammutinamento del Caine”.

In generale, al nono punto si chiede di conoscere "l'effettivo tenore di tutte le conversazioni da e per la nave Costa Concordia", mentre sul piano specifico sono considerate di ulteriore interesse sia le comunicazioni tra Schettino e la capitaneria di porto di Livorno, sia quelle tra lo stesso Schettino e la compagnia Costa Crociere.

In gran parte si conoscono già.
Del tutto irrilevanti quelle con la Capitaneria di Livorno; potrebbero essere più interessanti quelle con la Costa Crociere.
Purtroppo si deve solo sperare che siano in qualche modo state registrate dalla scatola nera, ma anche in quel caso si sentirebbe solo quello che ha detto il Comandante Schettino e non le risposte della Costa Crociere.